Well, I’ve been down so Goddamn long
That it looks like up to me
C’mon and let the poor boy be
In realtà, cerco per quanto posso di scribacchiare e tenermi in esercizio precario permanente effettivo. Ben lo sanno i miei ennemila gruppi uozzap più o meno graditi e seguiti, i gruppi feisbuc d’arte varia, gl’influenzed più caustici e disinibiti del rutilante mondo dei social, li meglio muri dei più esclusivi cessi degl’autogrill del mondo e le liste della spesa e dei buoni propositi andati a puttane ch’ogni die seguo e redigo con minuziosità certosina. E allora? Allora, nisba. Anche oggi, nella follia d’un giorno disperatissimo, resta un pensierino fugace e colpevolmente tardivo per il mio scalcinato blogghettino. Ci sarà presto spazio per il libricino che sto leggendo (The velveteen rabbit, penzatè), le musichine e le ricettazze mappazzoniche che tanti lutti addussero, le cronache lunari dell’epopea bianconera alla ricerca del senno perduto, i fotoritocchi infantilmente improbabili e tante altre cosine che mi frullano sovente per il gulliver come un frammartino campanaro.
Ma non oggi.